Ambienti/installazioni, proiezioni, incontri all'ex Palazzo Enel di Potenza dal 10 ottobre al 2 novembre 9 novembre 2025. Inaugurazione 10 ottobre alle ore 17.30.
Contrordine
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Donato Faruolo
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Contrordine. Come quando si rende necessario forzare le maglie del verbale nel tentativo di acciuffare, nella vibrazione di senso e nell’intorno d’incertezza delle parole, qualcosa dell’indicibile linguaggio dell’arte. Proviamo per un attimo a rinunciare a un riduzionismo confermativo, ad aprire disposizioni e posture: la parola “contrordine” sembra aprirsi a sfumature impreviste. Ecco la ritrattazione o la cancellazione di un precedente ordine; ma anche, forse, una sconfitta, il fallimento di un piano, di un disegno o di un intero paradigma. Ecco l’insorgere di qualcosa di informe, che si fa strada nella destituzione di ciò che appariva come uno schema di riferimento a cui agganciare reciproci affidamenti e patrimoni di necessari assiomi e congetture.
Da almeno mezzo secolo i nostri tempi hanno imparato a costruire ideologie di risulta per provare a “progettare” la caduta, o quantomeno a sviluppare categorie estetiche che ci consentano di sentirci presenti in uno spazio che si apre tra rinunce e rovine. È sempre complicato, in proposito, comprendere se l’arte reagisca visualizzando lo spirito di un tempo, o se piuttosto predisponga le nostre cognizioni perché quello spirito si attualizzi; se sia causa o conseguenza delle nostre posture attraverso la storia. L’arte – occidentale o occidentalizzata – dell’oggi si ciba di destituzioni: meglio la più dolorosa e irricevibile delle confutazioni che una consolante mistificazione. Di più: non esiste opera che la nostra società assimili senza che da essa ricavi una delusione, una smentita, il disvelamento di un abbaglio. Non è solo l’enunciazione di un proposito: è proprio nella capacità dell’opera di rivoltare sensi e significati, facendo emergere l’imprevista fragilità delle cose, che si annida l’unica qualità che riconosciamo all’arte del presente.
Dopo oltre un decennio, Città delle 100 scale festival riapre – almeno per un po’ – le porte del destituito Palazzo Enel di corso Garibaldi, a Potenza: uno strumento organico del regime fascista, ma anche un emblema del moderno, razionalizzante e sistematizzante; è lo specchio di un’infrequentabile idea di stato e di governo, e al contempo un dispositivo limpido ed efficentista al servizio di un’ambizione di amministrazione totalizzante e oppressiva. L’imperturbabile ritmo delle partiture e la proporzione degli elementi architettonici di lapidaria assertività si scontrano con una prolungata improduttività che è stata in grado, in pochi anni, di relegare il palazzo e la sua attesa rappresentatività fuori dalla percezione comune. È oggi un’entità che per contrappasso si offre alla caduta del controllo e all’accadimento delle divergenze, un buco grigio nella maglia delle interdipendenze e delle reciproche compromissioni che fanno una città.
Le conquiste del dubbio e della coscienza sono però irrimediabili: non c’è alcuna indulgenza possibile né nostalgia, ma ciò non comporta un abbandono all’estetizzazione della rovina. Nè sembra possibile prestare il fianco a quell’atteggiamento di formalismo negativo per cui ognuna e ciascuna delle nostre rinunce debba trovare una sua qualche seducente narrativa della sconfitta. Una forma di impossibile amministrazione della malinconia del crollo ci conduce qui a operare con le facoltà di elaborazione dell’arte: adottando il “contrordine” come “indicazione agogica”, tre ambienti/installazione impregnano le stanze del palazzo. Nicola Di Croce e Marta Magini, nella voluta delle scale, ci accompagnano con un’opera sonora fino al secondo piano. Qui due corridoi modulano gli interventi totali di Marcello Mantegazza e Maria Ditaranto, lì dove una volta c’erano scrivanie e schedari, poltrone e macchine da scrivere.
L’unica regola è l’inversione delle parti e dei ruoli: vietato fare delle stanze dei contenitori; piuttosto, fare in modo che l’opera accompagni l’esplorazione del luogo senza sovrapporsi alla sua esperienza come di un precipitato culturale a sé, come organismo che diverge dal progettato e dal previsto per divenire altro nella rinegoziazione del proprio statuto affidata al visitatore. Sono stanze “vuote”, ma non sono spazi innocui, innocenti, asettici. Difficile parlare delle opere e dei segni che le popolano in questi giorni come di “pezzi”; piuttosto si tratta di interventi organici che sfuggono perfino alla categoria del site specific: non sono opere fatte apposta per questo luogo; è il luogo stesso a essere considerato opera nel proprio stato e nella propria capacità di prestarsi alle alterazioni artistiche. Qui, nel lavoro di Di Croce/Magini, Mantegazza e Ditaranto, tre saggi casuali tra i mille potenziali che avrebbero potuto cadere nello stato dell’atto, nello spazio lasciato libero dalla rinuncia all’efficienza.
Accanto alle operazioni artistiche, nel novero di questo museo (dell’)immaginario, due proiezioni curate da Francesco Scaringi: Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini (1975) e Il portiere di notte di Liliana Cavani (1974), nel revival di un cineforum d’altri tempi per approfondire il ruolo dell’architettura del controllo e del divergente, con due letture di spietata empatia per le ragioni dell’intollerabile.
Contrordine è un’azione che mutua il proprio metodo dalla connaturata attenzione di Città delle 100 scale festival per i luoghi dell’informe e dell’informale, dove la riflessione nelle arti può restituire un’idea più plurale e immaginifica della città e della cittadinanza: densificare i nodi urbani irrisolti attraverso esperienze fuori dall’ordinario assopimento è una via per generare nuove dimensioni del patrimonio, e per restaurare l’aspettativa di una prospettiva di agibilità del futuro.
Potenza, ex Palazzo Enel, corso Garibaldi 57
10 ottobre — 09 novembre 2025
inaugurazione 10 ottobre, ore 17.30
apertura tutti i giorni, 17.30 — 19.30
e di mattina su prenotazione
ambienti/installazioni
scala / Nicola Di Croce e Marta Magini, Quattro fischi verticali
secondo piano, corridoio sx / Maria Ditaranto, Auspici e chimere
secondo piano, corridoio dx / Marcello Mantegazza, Tautologie e paradossi
proiezioni a cura di Francesco Scaringi
martedì 14 ottobre, ore 18.30, secondo piano, sala presidenza
Liliana Cavani, Il portiere di notte (1974)
martedì 21 ottobre, ore 18.30, secondo piano, sala presidenza
Pier Paolo Pasolini, Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975)
Donato Faruolo. È nato a Potenza nel 1985. Lavora nel campo delle arti visive come curatore, redattore e progettista per l’editoria e la comunicazione visiva. Ha insegnato presso le accademie di belle arti di Palermo, Torino e infine Foggia, dove attualmente è detentore di cattedra. Si occupa di progettazione di processi artistici nei territori periferici, incentrati sull’emersione di nuovi statuti di cittadinanza, di nuove forme di consapevolezza dell’abitare. Nel 2019 ha assunto la direzione artistica di Porta Cœli Foundation, per cui ha sviluppato, tra gli altri, la piattaforma curatoriale 404. Programma per l’arte contemporanea, e ha curato due edizioni di Mediterranean art prize. Ha sviluppato e condotto, con Jessica Salvia, UnMonumental. Riscrivere Passannante, a Savoia di Lucania, per la costruzione di emblemi di memoria condivisa e di collezioni pubbliche d’arte contemporanea. Ha curato, tra le altre, le mostre Strangers and Strangeness, 2020, con Henri Cartier-Bresson, Eli Dijkers, Caret Studio, Osa, Volumezero, a Palazzo Malvinni Malvezzi, Matera, con Porta Cœli Foundation;Tomaso De Luca, A week’s notice, 2022, presso Haus der Kunst, Palermo, nell’ambito di Sicilia Queer filmfest, curata con Antonio Leone; Dario Carmentano, XL, 2022, a Palazzo Malvinni Malvezzi, Matera, con Porta Cœli Foundation. Scrive regolarmente per I quaderni della Scaletta curati da Edoardo Delle Donne e per la rivista online Art a part of culture. Per Città delle 100 scale festival ha già curato Roberto Boccaccino, Potenza 100, nel 2018, presso Spazio K.












