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Liliana Cavani, Il portiere di notte
Liliana Cavani

Il portiere di notte

14 ottobre, ore 18.30

Potenza, ex Palazzo Enel / sala presidenza

ingresso libero

Cineforum 
La macchina metafisica del fascismo

Cavani costruisce il suo film intorno a una storia d’amore “impossibile”: l’incontro, anni dopo la fine della guerra, tra una sopravvissuta dei campi di concentramento (Charlotte Rampling) e l’ex ufficiale delle SS che la teneva prigioniera (Dirk Bogarde).
Non è un melodramma classico: è il racconto di un rapporto perverso e indecifrabile, sospeso tra desiderio, dipendenza e violenza. Attraverso un filtro psicoanalitico, Cavani indaga il legame vittima-carnefice, utilizzando il linguaggio del sadomasochismo come chiave di lettura di un’ossessione che si ripete e si rinnova.
Vienna, dove la vicenda si svolge, diventa una sorta di purgatorio abitato da fantasmi del nazismo, mentre la “comunità” di ex gerarchi che trama per cancellare le proprie colpe rappresenta la rimozione collettiva di un passato mai davvero elaborato.
Il film, accolto con scandalo e polemiche, si inserisce nella riflessione più ampia sul nazismo non tanto come fenomeno politico o storico, ma come abisso psichico e antropologico. In questo senso, Cavani esplora i concetti freudiani di ripetizione, pulsione di morte e coazione distruttiva, mostrando come le dinamiche del desiderio possano intrecciarsi con le logiche del potere.


La macchina metafisica del fascismo
Il portiere di notte (Liliana Cavani, 1974) e Salò o le 120 giornate di Sodoma (Pier Paolo Pasolini, 1975) sono due film che, usciti a un solo anno di distanza, hanno segnato in maniera indelebile la storia del cinema italiano e internazionale. Due opere radicali, diverse nello stile e nell’approccio, ma accomunate dal tentativo di confrontarsi con il trauma della memoria storica e con le zone oscure dell’animo umano nel rapporto con il potere. A circa 50 anni della loro comparsa ne riproponiamo la visione per lanciare uno sguardo sul presente, attraverso la loro radicalitá e “profetica” visione. 
Pur così diversi, Il portiere di notte e Salò condividono un’urgenza: interrogarsi sul legame tra violenza, potere e desiderio, e sulla difficoltà di elaborare collettivamente la memoria di eventi traumatici. Cavani sceglie la via dell’indagine psicologica, cercando le radici della violenza nei rapporti intimi e nelle pulsioni profonde dell’essere umano. Pasolini, invece, allarga lo sguardo alla società intera, denunciando come le logiche del fascismo riemergono, sotto nuove forme, nella società dei consumi, in un salto epocale in cui nessuna relazione con un passato può essere realizzato di fronte ad un mondo collassato in cui non esiste nessuna forma di redenzione. Due film scomodi, disturbanti, a tratti insostenibili, che ci costringono a guardare dove non vorremmo: nelle ombre della storia e nelle zone oscure della psiche e del potere.