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#MutazioniCovid19 n.3 - Geometrico

Sonnellino sul divano. Dire divano è un po' esagerato. Un pronto letto in un micro appartamento come soccorso per ospitare qualcuno. Comunque è il momento giusto perché la schiena, sofferente per una cattiva manipolazione di un osteopata incapace possa trovare pace e finalmente sonnecchiare in relax.
Uno spiffero mi sfiora il volto disturbando il mio riposino. Penso di aver lasciata aperta la finestra della veranda. La cosa mi scoccia un po'.
Socchiudo gli occhi, effetto caleidoscopio. Desisto. Torno a sprofondare nel cuscino.
Fastidio. Una vibrazione intensa, un ronzio, mi fa passare immediatamente dal sonno alla vigilanza assoluta. Una specie di sublimazione mentale, come in fisica dallo stato solido a quello gassoso, pronto a scattare come una molla. Sento il mio corpo diviso in due parti distinte, tenute insieme da un tubicino che lo attraversa. Strana sensazione, non mi sono mai sentito così. Guardo intorno a scatti con movimenti segmentati e rapidi. Traccio, con istintiva capacità, una serie di coordinate geometriche che focalizzano l'insetto che svolazza. Verifico che si tratta proprio di una mosca o sicuramente di qualcosa che le rassomiglia.
Con mente cartesiana ricombino le traiettorie ne viene fuori uno schema dei probabili posizionamenti dell'insetto. Le sovrappongo come coordinate geografiche per individuare il punto dove appostarmi per piazzare una trappola. Voglio mangiare.
Il punto risulta essere lo spigolo sulla porta della veranda in alto a destra.
Se mi sposto rapidamente, penso, non potrò essere individuato e potrò portare a termine il mio succulento piano.
Mi serve un percorso il più breve possibile. Immagino la stanza come una scatola che tagliata agli spigoli può essere riportata ad una figura piana. Traccio idealmente una retta tra me e il punto individuato in tal modo ottengo il percorso più breve. Sono molto soddisfatto delle mie capacità geometriche e di calcolo.
È il momento di agire ma ho difficoltà a muovermi. Con sorpresa mi rendo conto che devo coordinare otto unità articolari di mobilità.
Mi esercito un po' ma la cosa mi viene istintiva. In breve tempo sono già in pieno possesso delle mie articolazioni.
Con rapidità seguo la traiettoria tracciata raggiungendo così, in un battibaleno, lo spigolo del balcone.
Mi apposto. Da una piccola fessura sottostante al mio addome fuoriesce un filamento vischioso che sembra elastico e molto resistente.
Penso, da fine tessitore, che il filo bavoso può aiutarmi a costruire una trappola per catturare il nudo pasto.
Così lego l'estremità del filamento ad una piccola sporgenza della spigolo e arditamente appeso ad esso mi lancio per raggiungere, secernendo altro filo, la mensola della libreria dall'altra parte.
Freneticamente inizio a costruire una struttura filamentosa vischioso a mo' di spirale, fitta ed elastica pronta a intrappolare qualsiasi cosa ci finisca dentro. Ne viene fuori una magnificenza geometrica.
Mi apposto alla sua estremità. Fiero e con le mascelle forti e protese, che alleno con lenti movimenti. Sono pronto a sgranocchiare qualcosa appena se ne presenti l'occasione, che non tarda ad arrivare.
Infatti la fastidiosa mosca plana inavvertitamente propria al centro della mia geometrica trappola. La vedo dimenarsi e invischiarsi nell'abbraccio mortale dei filamenti.
Con possanza, ma lentamente, dal mio angolino mi dirigo verso di lei guardandola fissamente e agitando le mascelle per indurle paure e avvertirla che è il momento della sua fine. Sarà il mio pasto della giornata.
Sono ormai a pochi centimetri. Una bella preda grossa e robusta. I suoi occhi a palla sono ricoperti di una membrana scura. Penso che sia finita.
Avanzo ormai sicuro. D'un tratto le membrane si sollevano e compaiono due enormi occhi rossi fiammeggianti. Mi blocco.
Accenna ad un sorriso beffardo, dalla bocca spuntano piccoli, aguzzi e affilati dentini che iniziano a tagliuzzare freneticamente il filamento intorno a lei.
Mi rendo conto che la situazione si fa minacciosa. Ho paura e nel frattempo per incontinenza, senza rendermene conto, secerno una grossa quantità di filamento.
Avanza verso di me aprendo e chiudendo ritmicamente le sue mascelle ricoperte di una quantità enorme di affilati dentuzzi.
Cerco d'indietreggiare ma non ci riesco, solo adesso mi rendo conto che sono incastrato e immobilizzato dal mio stesso filamento.
Mi divincolo, ho paura. C'è un forte ronzio accompagnato da uno spostamento d'aria. Volto appena lo sguardo verso la veranda e intravedo un nugolo ben nutrito di mosche che procedono verso di noi.
Un solo istante per girarmi mentre lei afferra con la sua bocca un mia zampetta strappandola. D'un tratto sono sommerso da decine di creature fameliche.
Nel ronzio assordante sento il motivetto della suoneria dello smartphone mentre nel sottofondo insiste una canzone proveniente dalla radio, o dalla televisione (o forse dal balcone adiacente). È Azzurro di Adriano Celentano.

testo e voce Francesco Scaringi
foto e musica Massimo Lovisco (Loveiscoil)