Siamo in una stazione.
Ma non ci sono treni che partano o arrivino.
Una stazione dove andiamo a riparare qualcosa della nostra vita.
Chi parte e chi arriva, chi deve andarsene e chi deve ritornare.
Un luogo d’incontri, fugaci, brevi, intensi, dove si può finalmente dire la parola non detta.
Dove si può spiegare qualcosa che per molto tempo è rimasta confusa, dove si può forse soltanto stringere per un istante la persona che non siamo riusciti a salutare.
Una stazione di vivi e morti, di ricordi, di incontri.
Un uomo anziano può incontrare il bambino che era, una bambina può andare incontro alla donna che è diventata.
Un luogo dove si fanno i conti con le proprie vicende.
Ma non è un luogo privato.
Siamo una moltitudine di persone sole.
La nostra intimità è nostra, cioè di una moltitudine.
Questo è un luogo dove l’intimo diventa sociale, dove il sociale si esprime in una particolare vicenda.
È il modo in cui diciamo noi, e allo stesso tempo ripariamo qualcosa della nostra vita.
Non serve a nulla, soltanto a sapere qualcosa in più di noi stessi, del nostro tempo, del nostro passato e il nostro presente.
Ah, ogni tanto lo spazio sarà attraversato dalla Storia.
César Brie. Inizia a fare teatro a diciassette anni, studiando al Centro Dramatico di Buenos Aires. Nel 1972 questo diventa la Comuna Baires, di cui Brie è il membro più giovane del gruppo fondatore, recitando in più produzioni, dirette da Renzo Casali e Liliana Duca. Nel 73 la Comuna Baires è invitata al Festival mondiale di teatro di Nancy, diretto da Jack Lang. Dopo il Festival la Comuna viaggia e fa spettacoli in Francia, Germania e Italia. Tornano in Argentina il 24 dicembre 1973. Il gruppo è costretto ad autoesiliarsi a Milano nel 1974 a causa delle persecuzioni operate dalla Tripla A, gruppo paramilitare agli ordini di José López Rega, il segretario personale di Perón. Un membro della Comuna Baires, Horacio Czertok, venne sequestrato e torturato. Nel 1975 lascia definitivamente la Comuna Baires e insieme a Paolo Nalli, Dolly Albertin e Danio Manfredini fonda il Collettivo teatrale Túpac Amaru presso il centro sociale Isola di Milano. Nel 1980 incontra Iben Nagel Rasmussen, si trasferisce in Danimarca e partecipa alla fondazione del gruppo Farfa insieme a Pepe Robledo, Maria Consagra, Daniela Piccari e Dolly Albertin, definendo la possibilità di un confronto diretto con l'Odin Teatret ed Eugenio Barba. Nel 1990, si separa da Iben, e lascia l'Odin, con l'idea di concludere l'esperienza europea per un nuovo progetto in America Latina. Nell'agosto del 1991, insieme a Naira González e a Giampaolo Nalli, fonda in Bolivia il Teatro de Los Andes. Insieme alla comunità Yotala, in un piccolo paese vicino a Sucre, crea una struttura che produce spettacoli di ricerca. Il gruppo, oltre a produrre spettacoli in Europa, lavora su una ricerca della memoria andina, ricollegandosi ai miti del luogo. Nel 2010 César Brie lascia il Teatro de los Andes e la Bolivia per diverse cause, tra le quali le minacce di morte ricevute dopo aver diffuso il suo documentario “Tahuamanu" nel quale svela cosa è realmente accaduto l'11 settembre 2008 in Bolivia, data in cui i campesinos, che difendevano il diritto alla terra, sono stati massacrati e uccisi da squadristi legati all'opposizione fascista. Le altre ragioni, furono una crisi famigliare e una crisi col suo gruppo, il Teatro de los Andes. César Brie ha lavorato in Italia dal 2010 al 2016 e dal 2016 lavora tra l'Italia e soprattutto l'Argentina.
Koreja. Il primo nucleo del Teatro Koreja si costituisce ufficialmente nel 1985 ad Aradeo dove la compagnia abita il Castello Tre Masserie con il nome di Koreja, campo d’azione teatrale. Il termine Koreja è una forzatura dal dialetto griko in cui koreya vuol dire “movimento circolare” che a sua volta deriva dal greco antico χορεια. Il termine è inoltre presente in uno degli scritti di Jerzy Grotowski in cui una koreja vuole dire precisamente tre in uno: danza, musica, canto. Sin dagli esordi, la compagnia è diretta da Salvatore Tramacere, attore e regista formatosi accanto a importanti personalità del teatro internazionale come Eugenio Barba, Iben Nagel Rasmussen, Cesar Brie, Silvia Ricciardelli e Pina Bausch.
Il primo gruppo, operativo dal 1983 al 1998, promuove e organizza in collaborazione con enti pubblici, il Festival Internazionale “Aradeo e i teatri”, un pezzo di storia del teatro a Sud, che ospita artisti nazionali e internazionali. Sin dall’inizio Koreja svolge la sua attività proponendosi come centro di produzione, ricerca e promozione teatrale rivolta ad un vasto pubblico. In collaborazione con l’Ente teatrale italiano e con gli enti locali organizza, sin dal 1991, il cartellone teatrale nella città di Lecce “Strade Maestre”, un progetto di promozione teatrale rivolto alle aree disagiate del Paese. Nel 1998 Koreja sposta la propria sede a Lecce nella periferia della città, nel quartiere Borgo Pace. Qui compra e ristruttura a proprie spese una ex fabbrica di mattoni, trasformandola in una casa del teatro: i Cantieri Teatrali Koreja. L’idealità del luogo, presagirla, inventarla, costruirla in una vecchia fabbrica di mattoni è sfida e dono ad una città non sempre disposta ad accogliere. Nel 2003 i Cantieri Teatrali Koreja sono riconosciuti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali come “Teatro Stabile d’Innovazione” del Salento per la ricerca e la sperimentazione, a conferma della vocazione produttiva e di un forte radicamento sul territorio. Nel 2015 i Cantieri Teatrali Koreja vengono riconosciuti dal Ministero dei Beni Culturali come “Centro di Produzione teatrale di sperimentazione e di teatro per l’infanzia e la gioventù”, unico in Puglia. Dal 2017 il teatro si avvale di un comitato scientifico composto da Eugenio Barba, Nicola Savarese e Franco Perrelli. Il progetto artistico di Koreja è fatto di opere, azioni e storie – piccole o grandi che siano – che partono da lontano e soprattutto dall’esigenza profonda di costruire nell’amato-odiato Sud, una “residenza del teatro e della cultura” aperta alle innovazioni, al confronto fra le diverse generazioni; un caleidoscopio di arti generi e pratiche dove alle proprie si uniscono le radici e le lingue degli altri, in un rapporto di reciproco rispetto, evitando soggezioni millenarie, ma anche inutili orgogli provincialistici, con tanta voglia di conoscere e sperimentare nuove direzioni, linguaggi e poetiche. Un progetto ad ampio raggio, quello di Koreja, che vive dentro e fuori i Cantieri Teatrali, in un continuo viaggio di andata e ritorno. Ma opere, azioni e storie vuol dire anche produzione di spettacoli teatrali che nascono all’interno dei Cantieri e che si misurano con un vasto pubblico in occasione delle tournée. E vuol dire ospitalità di compagnie ed artisti, incontri culturali, mostre, installazioni e prove aperte; vuol dire attività di formazione teatrale rivolta soprattutto ai giovani ed ai soggetti svantaggiati e vuol dire, infine, infine un dialogo permanentemente e aperto con il pubblico e con le istituzioni.