Note di Virgilio Sieni
Incombe sulla terra una tragedia immane che rovescia il modo di stare. Un virus sconosciuto agisce togliendo la vista alle persone. Comunità e individui perdono apocalitticamente quello che credevano di possedere e vedere. Tutto è improvvisamente immerso in un biancore luminoso che assorbe come per divorare non solo i colori ma le cose stesse e gli esseri, rendendoli così, doppiamente invisibili. Quel mare di latte nel quale sono caduti gli abitanti del mondo, li rende sgomenti e impauriti, vulnerabili agli odori e alle esalazioni, li costringe ad apprezzare il pianto e le lacrime, le impronte e il tocco della mano. In questo stato di eccezione un piccolo gruppo si allea per condividere le vie di fuga e il nuovo mondo. Tra di loro una donna non ha perso la vista, ma dovrà rimodulare ogni dettaglio del suo comportamento per coesistere con la vista, per domandarsi a cosa serve vedere.
In questo poema della morte e della sofferenza, il corpo avanza con tutta la sua biologia e le emozioni emergono da gesti nuovi, ritrovati, reimparati. Gli interpreti, come testimoni di questo evento, si ritrovano a toccare lo spazio, a essere toccati dai luoghi, ad ascoltare le tracce del suolo e le onde sonore che vagano nell’aria. La ricerca drammaturgica procede avviando una ricostruzione del corpo che dalla cecità si muove verso una condizione di novità che obbliga a vivere le cose diversamente e ad elaborare strategie di sopravvivenza -o più semplicemente- di rieducazione allo sguardo. Lo spazio esplorato si compone secondo la scoperta di dettagli tattili e sensibili dove la vista passa in secondo piano, dove il tatto ricrea una nuova percezione di sé, dell’altro e dell’abitare. I comportamenti disperati, desueti, drammatici, malvagi, alla deriva, selvaggi, rispondenti all’istinto animale agiscono come uno scavo profondo portando alla luce ciò che è più umano come l’amicizia e la solidarietà. L’essere bipede umano diventa molto spesso quadrupede, serpente che striscia, cucciolo che si rannicchia, belva brutale che si scuote. Toccando le cose e gli altri elabora nuove posture ed emozioni. Nel biancore accecante della scena tutto si svela di nuovo: emerge quello che prima era presente ma nascosto.
La danza nasce da un ritorno allo spostamento, da una migrazione interiore. Il corpo e le sue parti divengono sede assoluta di ripartenza: si procede con un lento camminare e strisciare, si volgono le mani libere per toccare, si dispiegano gli arti per difendersi, per procurarsi il cibo e lavarsi, per uccidere e curare i morti, ma anche per abbracciare un cane e sentirsi in una profonda e complice simbiosi tra esistenti. Le necessità biologiche inscritte nel comportamento del sapiens esplodono in questo farsi complici e comunità: cibarsi, accudire il più debole, difendersi a tutti i costi. Una condizione che fa emergere una natura schematizzata e malvagia che sorprende e che rovescia la percezione sugli altri e le cose. I danzatori, come portatori di questa nuova essenza, agiscono ricreando una nuova mappa percettiva dell’ambiente, della città, scoprendo le potenze antiche -forse perse- che oggi richiamano alla cura del suolo e del territorio secondo una visione che è, come scrive James Hillman “anima”, “atmosfera”, natura”, “genio del luogo”: sotto un albero, vicino a una pozza d’umido, presso una sorgente, accucciati in angolo, lungo una parete liscia, affidati ad una spalla.
Aprire gli occhi tutte le volte per vedere di nuovo.
Con Cecità si esplora quello stato di mancanza che risveglia la vita delle cose facendole sbalzare fuori dalla quotidianità, ricercando un’essenza che ricorda che prima di tutto siamo natura, una natura che reagisce a noi, capace di distruggere noi. Siamo fatti di agenti e presenze che gemendo ci richiamano e la danza incarnata nei corpi risponde, restituendosi nella sua intraducibilità rituale. L’attenzione è su quello che già è qui, sul movimento musicale come tensione che coinvolge tutte le facoltà umane, per essere semplicemente vivi, per creare e ricreare quell’esperienza di iniziazione al movimento. Non sempre sappiamo cosa ci muove, l’arte della danza non svela ma attraversa, unendosi ogni volta alla natura, interrogandosi dell’infinito che ci avvolge, prendendosi per mano.
Virgilio Sieni è danzatore e coreografo italiano, artista attivo in ambito internazionale per le massime istituzioni teatrali, musicali, fondazioni d’arte e musei. La sua ricerca si fonda sull’idea di corpo come luogo di accoglienza delle diversità e come spazio per sviluppare la complessità archeologica del gesto. Crea il suo linguaggio a partire dal concetto di trasmissione e tattilità, con un interesse verso la dimensione aptica e multisensoriale del gesto e dell’individuo, approfondendo i temi della risonanza, della gravità e della moltitudine poetica, politica, archeologica del corpo. Si forma in discipline artistiche e architettura, dedicandosi parallelamente a ricerche sui linguaggi del corpo e della danza. Approfondisce tecniche di danza moderna, classica e release con Traut Streiff Faggioni, Antonietta Daviso, Katie Duck. Nel 1983, dopo quattro anni di studio sul senso dell’improvvisazione nei linguaggi contemporanei della danza tra Amsterdam, Tokyo e New York, è uno dei fondatori della compagnia Parco Butterfly e nel 1992 crea la Compagnia Virgilio Sieni, affermandosi come uno dei protagonisti della scena contemporanea internazionale. Dal 2003 dirige a Firenze CANGO Cantieri Goldonetta, Centro Nazionale di Produzione della danza per la ricerca e la trasmissione sui linguaggi del corpo, uno spazio per ospitalità e residenze di artisti, in un programma interdisciplinare tra danza, musica e arti visive. Nel 2007 fonda l’Accademia sull’arte del gesto, nata per creare e approfondire contesti di formazione rivolti a persone di qualsiasi età, provenienza e abilità, sull’idea di comunità del gesto. Sviluppa percorsi nelle città e nei territori fondati sull’idea di partecipazione, ascolto del corpo e rigenerazione del territorio. Gli è stato assegnato per tre volte il premio UBU (2000, 2003, 2011); nel 2011 il premio Lo Straniero; nel 2013 è stato nominato Chevalier de l’Ordre des Arts et de Lettres dal Ministro della cultura francese e nel 2020 il Premio Internazionale Ivo Chiesa. È stato Direttore della Biennale Danza di Venezia dal 2013 al 2016, sviluppando un piano quadriennale sul concetto di abitare il mondo e sull’idea di polis e democrazia, concependo la città attraverso la sua metafisica. Il suo percorso coreografico accoglie cicli tematici che vanno dall’esplorazione della tragedia greca alle peregrinazioni nei paesaggi della fiaba, dalla relazione tra gesto e filialità fino alla ricerca condivisa sul senso della democrazia del corpo, in un confronto costante con la realtà del presente, alla ricerca di un perduto umanesimo. Un linguaggio in continua evoluzione sia sul piano compositivo che su quello del rapporto con il pubblico, dove si alternano spettacoli da palcoscenico e formati inediti per spettatori itineranti in luoghi non convenzionali, dai boschi ai musei. Fondamentale per lo sviluppo della sua filosofia artistica è stato l’incontro con il filosofo Giorgio Agamben, con il quale ha collaborato per la drammaturgia di alcuni lavori, quali La Natura delle Cose (2008) e Interrogazioni alle vertebre (2007). Tra i progetti più importanti nelle città si ricordano: Arte del gesto nel Mediterraneo (2010-2013), un progetto quadriennale sviluppato come un viaggio nell'identità dei territori e nell'età dell'uomo creato su proposta del Theatre du Merlan Scène Nationale à Marseille nell'ambito di Marseille 2013 Capitale europea della cultura; Diario fisico di un viaggio (2011) a Santiago del Cile nell'ambito del Festival Santiago a Mil, un percorso sull’idea di democrazia e resistenza in relazione al corpo e al gesto; Atlante Del Gesto (2015) per la Fondazione PRADA di Milano, un operare negli spazi della fondazione dove “lo studio del frammento e dei dettagli del corpo dispiega un’indagine archeologica che si affaccia al presente”; Thauma | Atlante Del Gesto (2019) per la città di Matera nell'ambito di Matera Capitale Europea della Cultura 2019, una ricerca intima sui gesti perduti, partendo dallo studio e dall’esplorazione di materiali provenienti dagli archivi della Basilicata e di altre regioni italiane con lo scopo di creare un “archivio in divenire del gesto”. Nel 2018 apre La Scuola sul Gesto e il Paesaggio, un contesto di formazione per approfondire la relazione tra corpo e territorio: dalla natura al gesto e viceversa, dalla memoria del movimento alla creazione di nuove geografie urbane. Fonda e dirige, a seguito di un processo di rigenerazione, uno spazio sito nel Parco delle Cascine, PIA | Palazzina Indiano Arte. L’edificio è sede della scuola ma soprattutto luogo di sosta, residenza e laboratorio permanente per danzatori, cittadini, ricercatori, studenti, amatori e pubblico. Nel territorio toscano e attraverso Cantieri Culturali Firenze e Officine del gesto avvia una progettualità inedita di relazione tra arti performative e città, creando e invitando artisti nazionali e internazionali per lo sviluppo di percorsi di residenza e abitabilità in “spazi altri” che smarginano dalla produzione artistica alla rigenerazione urbana. A Firenze il Festival Cantieri Culturali Isolotto e la nascita della Galleria Isolotto ne costituiscono un tratto distintivo. Nel 2017 inizia un percorso di condivisione artistica con Mimmo Cuticchio, indagando la relazione tra corpo e marionetta, danza e opera dei pupi che confluisce nello spettacolo Nudità (2018) come momento finale del triennio svolto a Palermo. Nel 2019, riprendendo il percorso decennale di creazione con persone non vedenti, nasce Danza Cieca, un duetto con Giuseppe Comuniello sviluppato sull’idea di spazio tattile, indagando la relazione percettiva tra gesto e incontro, attesa e tattilità. Dal 2021 i percorsi dell’Accademia sull’arte del gesto si espandono ancor di più al concetto di fragilità attraverso il progetto Prometeo, un percorso che coinvolge persone che abitano i confini della diversità fisica, cognitiva e comportamentale che sviluppa pratiche itineranti in spazi d’arte (teatri, musei e centri d’arte) e di cura (RSA, Centri Diurni e associazioni di promozione sociale) condotte da danzatrici e danzatori professionisti e frequentate da cittadini di ogni età abilità e provenienza compresi operatori sanitari e caregiver. Parallelamente la produzione della Compagnia continua e si sviluppa su filoni compositivi che accolgono produzioni come Metamorphosis (2019), Paradiso (2021), Satiri (2022) e Sul Cantico (2022), mantenendo viva un’indagine continuativa sui linguaggi poetici del movimento. La lunga e continuativa produzione con le comunità di cittadini, si formalizza nei progetti Territori del gesto e Human Atlas: percorsi articolati tra città e borghi, tra spazi cittadini e fondazioni museali che riuniscono e rielaborano le tracce gestuali di diversi territori allo scopo di creare un atlante umano fatto di posture, movimenti, presenze e azioni per aprire un dialogo attivo sull’attenzione all’individuo, sulla cura del paesaggio e sul ruolo dell’arte nella quotidianità.
Fabrizio Cammarata è cresciuto artisticamente aprendo i concerti di Ben Harper, Patti Smith, Hindi Zahra, Iron & Wine, Villagers, The Paper Kites ed è stato negli anni ospite sui palchi di Damien Rice, Daniel Johnston e Tamikrest. Nato a Palermo, in Sicilia, con 6 album all’attivo, a partire dal 2005 ha portato in Europa e in Nord America la sua musica: canzoni d'amore, desiderio, luci e ombre; ispirate dalle voci di Chavela Vargas, Leonard Cohen e Fabrizio De André, dalla poesia di Federico García Lorca, dai road movie di Wim Wenders. Muovendosi attraverso più lingue, sempre rimanendo fedele alla sua origine mediterranea, in ogni disco aggiunge nuovi colori al suo mosaico musicale con la curiosità di un viaggiatore instancabile. Dopo il "battesimo del fuoco” sul palco di Devendra Banhart nel 2004 durante un concerto nella sua Palermo, debutta nel 2007 con la band The Second Grace e un album omonimo. Nel 2011 pubblica l'album solista "Rooms" , prodotto da J.D. Foster (Calexico, Marc Ribot). Nel 2014, insieme al cantautore e chitarrista mancuniano d’adozione Paolo Fuschi, ha pubblicato un album soul, "Skint And Golden", registrato tra Palermo e Manchester. Dal 2013 lavora al road movie "Send You A Song" con il regista Luca Lucchesi, un lungo viaggio attraverso 4 continenti incentrato sulla canzone tradizionale messicana "La Llorona", la cui versione di Cammarata compare anche nell'EP "In Your Hands" (2016) e non manca mai nelle scalette di tutti i suoi spettacoli dal vivo. Nel 2017, insieme all'amico cantautore Dimartino, ha pubblicato "Un Mondo Raro", un album dedicato alla compianta cantante messicana Chavela Vargas e finalista alle Targhe Tenco nella sezione “Interpreti”. Nello stesso anno i due amici artisti scrivono un romanzo ispirato alla vita di questa "signora dal poncho rosso", che porta lo stesso titolo dell'album ed edito da La Nave di Teseo, e vanno in tournée con uno spettacolo teatrale a lei dedicato, un viaggio fatto di narrazione, musica e burattini siciliani/messicani. Nel 2017 esce “Of Shadows” (800A Records/Kartel Music Group, Haldern Pop Recordings), prodotto da Dani Castelar (Paolo Nutini, Editors, R.E.M.), che consacra Fabrizio come una delle voci italiane più apprezzate all'estero. A marzo 2019 è uscito “Lights” (800A Records/Kartel Music Group, Haldern Pop Recordings), anche questo prodotto da Dani Castelar. I due album dedicati alla luce – e alla sua assenza – sono stati seguiti da lunghi tour in Europa, Canada, Stati Uniti, Messico e Medio Oriente. Nelle sue tournée Fabrizio ha spesso partecipato a numerosi festival internazionali, come: SXSW - Austin,TX (5 edizioni fra 2008 e 2018) / Folk Alliance - Montreal, Canada / The Great Escape - Brighton - UK / MaMA Festival - Paris, FR / Reeperbahn Festival - Hamburg, DE / Haldern Pop Festival - Haldern, DE. Dal 2021 collabora con il coreografo e danzatore Virgilio Sieni, 3 volte premio UBU e fra i più autorevoli rappresentanti contemporanei della danza concepita come ricerca e analisi del gesto primigenio, spesso attraverso un continuo riferimento alla storia dell’arte, e come mezzo per raccontare esperienze, mancanze, dolori e cambiamenti propri e altrui. La maggior parte degli spettacoli a cui Cammarata dà voce e suono è basata su improvvisazione e dialogo estemporaneo fra musica e movimento, come accade in “Di fronte agli occhi degli altri”, “Notturno – Trionfo della Morte”, “Ascoltami - Ecoute-moi”, “Annunciata”, “Canti Palermitani”. Il nuovo singolo “Stripped To The Bone" è uscito il 21 aprile 2023. L’uscita del nuovo album è prevista per il 22 marzo 2024.