Yukel, ci parlerai del volto?
Tutti i volti sono il Suo volto; perciò Egli non ne ha nessuno. (Reb Alen, rabbino immaginario di Edmond Jabès)
Il volto
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Quando, in presenza di altri, io dico: “Eccomi!”,
questo “Eccomi!” è il luogo attraverso cui l’Infinito entra nel linguaggio, ma senza darsi a vedere.
— Emmanuel Levinas
Sul concetto di volto nel figlio di Dio è lo spettacolo che, nella ricerca di Romeo Castellucci, anticipa di qualche anno il grande tema del volto così presente in uno dei suoi ultimi lavori, Il velo nero del Pastore, tratto da un racconto di Nathaniel Hawthorne.
Spesso, nelle sue interviste, Castellucci parla del suo rapporto con il testo di uno dei maggiori filosofi del Novecento – il filosofo che, forse, più di tutti si è misurato con il tema del volto: Emmanuel Levinas. Tutta la lunga, bellissima Sezione terza del saggio “Totalità e infinito” è dedicata al tema del volto nel suo rapporto con l’infinito, l’etica, la ragione. Ed è proprio in un nostro confronto con il testo di Levinas che consegniamo alla lettura questi brevi frammenti:
Il volto e l’eticità
Penso che l’accesso al volto sia immediatamente etico. Il volto è esposizione diretta, senza difesa. In questo si manifesta una contraddizione: il volto è esposto, minacciato, come se ci invitasse a un atto di violenza e, al tempo stesso, il volto è ciò che ci vieta di uccidere.
Il volto e la significazione
Il volto è significazione ed è significazione senza contesto. Qui, il volto è senso soltanto per sé.
TU, SEI TU.
In questo il volto è l’incontenibile. Ti conduce oltre la possibilità di afferrarlo e chiuderlo in un pensiero. Il volto è oltre il sapere, oltre la possibilità di cristallizzarlo dentro un significato
Il volto e l’ospitalità/accoglienza
L’ospitalità diventa il nome stesso di ciò che si apre al volto, di ciò che, più precisamente, l’accoglie. Il volto si offre sempre ad un’accoglienza e l’accoglienza accoglie solo un volto. L’accoglienza determina il ricevere, la ricettività del ricevere come relazione etica. Accogliere… significa ricevere da Altri al di là della capacità dell’Io. Ciò significa esattamente: avere l’idea dell’Infinito.
Il volto e l’accesso all’infinito
Il volto è l’Infinito che oltrepassa continuamente il compito del sapere. Il volto è l’Altro che sfugge alla possibilità di essere ridotto al Medesimo. Il volto è l’Infinito che implica un pensiero dell’Ineguale.
Il volto e l’ammaestramento
Il discorso di Altri accolto è un ammaestramento. Viene dall’esterno e porta in me più di quanto non abbia già. L’ammaestramento non equivale alla maieutica.
Il volto, l’infinito, il desiderio
La relazione all’Infinito non è un sapere, ma un Desiderio – un Desiderio che non può mai essere soddisfatto perché si nutre della propria fame e aumenta con la sua soddisfazione. Il Desiderio è come un pensiero che pensa più di quanto pensi o più di ciò che pensa. Struttura paradossale. Ma non più paradossale della presenza dell’Infinito nel finito.
Il volto e il discorso
Il volto parla. Parla in quanto è lui che rende possibile e inizia ogni discorso. Il discorso e la risposta, o la responsabilità, è la relazione autentica. Nel discorso, il dire è il fatto che davanti al volto io non resto semplicemente là a contemplarlo. Gli rispondo.
Il dire e la responsabilità
Rispondere a lui è già rispondere di lui. E, io, chiunque sia, ma in quanto “prima persona”, sono colui che ha delle risorse per rispondere all’appello.
Il volto e la responsabilità per altri
La responsabilità è sempre responsabilità per altri. La prossimità di altri consiste nel fatto che altri non è semplicemente vicino a me nello spazio, o vicino come un parente, ma si avvicina a me essenzialmente nella misura in cui mi sento, sono responsabile di lui. La prossimità non appartiene al fatto che altri mi sia noto.
Il volto e il donare
Dire: eccomi. Fare qualcosa per un altro. Donare. Essere spirito umano significa questo.
Il volto dia-conico
Dia-conia prima di ogni dialogo: nella prossimità con altri, il suo volto mi chiede e mi ordina di servirlo. La relazione con altri è sempre asimmetrica. In questo senso, io sono sempre responsabile di altri senza aspettare il contrario, anche se mi dovesse costare la vita. L’inverso è affar suo. L’io ha sempre una responsabilità in più di tutti gli altri.
Siamo tutti colpevoli di tutto e di tutti, davanti a tutti ed io più degli altri
— Dostoevskij
Io posso sostituirmi a tutti, ma nessuno può sostituirsi a me.
Questa è la mia inalienabile identità di soggetto.
Il volto e la giustizia
La giustizia ha senso solo se conserva lo spirito dis-interessato che anima l’idea della responsabilità per l’altro uomo.
La gloria della testimonianza
Il soggetto che dice “Eccomi!” testimonia l’Infinito.
Attraverso questa testimonianza […] si produce la verità dell’Infinito.
Il testimone testimonia di ciò che egli dice.
Poiché egli ha detto “Eccomi!” davanti ad altri; e per il fatto che davanti ad altri riconosce la responsabilità che gli incombe,
egli si trova ad aver manifestato ciò che il volto d’altri ha significato per lui.
La gloria dell’Infinito si rivela attraverso ciò che è capace di fare nel testimone.
“Eccomi”: l’esteriorità dell’Infinito diviene in qualche modo “interiorità” nella sincerità della testimonianza.
foto © Salvatore Laurenzana