Questo sito web utilizza i cookie per gestire l'autenticazione, la navigazione e altre funzioni. Utilizzando il nostro sito, l'utente accetta che possano essere utilizzati questo tipo di cookie sul proprio dispositivo.

  • Icona Facebook
  • Icona Instagram

L'evento teatrale

Una personale, particolare riflessione sullo spettacolo Sovrimpressioni di Deflorian/Tagliarini.

Deflorian/Tagliarini, sovrimpressioni

Scritto da

Francesco Scaringi

Pubblicato il

21 novembre 2022

È l'accostarsi a quella dimensione che ci porta a chiedere a noi stessi il senso della nostra esistenze nel gioco delle possibilità che ci si sono presentate, all'avvicinarsi alla morte che interrompe il ciclo dell'accadere. È il teatro che cos'è? Certo non un palcoscenico.

Capita, a volte, che cerchi una parola con cui volere esprimere in modo netto ed immediato un qualcosa ma non ci riesci perché la parola a cui hai pensato si è, o è stata, corrotta. Mi è successo con la parola "evento" con la quale cercavo di racchiudere il senso dello spettacolo Sovrimpressioni di Deflorian/Tagliarini.
La parola "evento", oggi, indica qualcosa che accade per suscitare una meraviglia effimera o per indicare qualcosa di grandioso il cui corredo comunicativo ne amplia le aggettivazioni per cose eccezionali e irripetibili per grandi effetti turistici e commerciali. Però mi sono detto che le parole sono più tenaci di quanto possiamo credere. Esse possono rigenerarsi sia ritornando alla loro origine, sia aprendo nuovi orizzonti di significati attraverso lo scambio che la lingua fa con la storia e l'incontro tra le genti. I poeti ne sono maestri. Allora ho pensato che per la parola "evento", forse, bisognava riprendere un significato più intimo e raccolto secondo il suo etimo. Accedere al suo spirito più che ribadire la sua verità storica. 

Mi è sembrato, così, che Il significato più proprio di "evento" fosse  "venire fuori", che richiama il senso dell' "accadere". Penso proprio che si possa cogliere (o rendere) il suo significato nell'oscillazione di senso tra le due locuzioni. Il "venire fuori" lo si può intendere come un darsi alla luce, "farsi presente per essere visto" mentre l'accadere, se pur dato dalla contingenza rende necessaria la presenza aperta a una relazione. Ci si presenta agli altri, stabilendo quella relazione del riconoscimento che costruisce la rete di incontri che fanno si che l'io e il tu si manifestino nella propria con-esistenza. Rubo, in questo assolutamente improprio gioco linguistico, ad Heidegger il senso che egli recupera nel termine tedesco, Eraignis – una rapina letteraria la mia senza volere ricorrere alla sua filosofia. Puro piacere della definizione.
Per Heidegger l'evento ha a che fare con l'incontro, che consiste in un "ritrovarsi". Contemporaneamente ciascuno dei due trova se stesso nell'incontro con l'altro. Questo è un primo risultato: evento, Er-eignis come "giungere al proprio" (essere), tramite un incontro. O ancora l'evento (Ereignis), è proprio questa interferenza che produce una situazione anacronistica: il tempo è invertito, andando avanti ci troviamo indietro. 

deflorian tagliarini sovrimpressioni2 pz slaurenzana

Tutto questo giro di parole pur cogliere il senso di alcune di esse solo per dire il "meraviglioso" della performance di Deflorian/Tagliarini "Sovrimpressioni". Essa mette in luce una tessitura di relazioni tra soggetti reali e immaginari, di esposizioni dell'uno/a nei confronti dell'altro/a nel tentativo, magari infinito, di lasciare essere (venir fuori) e trattenere nell'essere la fragilità esistenziale che gioca proprio tra l'essere e non essere.
I personaggi che vi si incontrano sono uomini e donne che attraversano spazi esistenziali reali e immaginari alla ricerca di riverberi comuni. La fatica del vivere, di resistere entro una condizione precaria, può trovare conforto nell'incontro con l'altro/a con cui si stabilisce una relazione che non può mai definire il chi è e il chi sono. Il teatro, dunque, più che rappresentazione si fa accadere, intreccio di parole, figure, corpi che si cercano per darsi senso gli uni con gli altri. Esistenze che si incontrano lasciando che nell'incontro si manifesti un rapporto, un sentimento, un pensiero nello scambio tra reale e immaginario come la realtà di alcuni personaggi e l'invenzione fantastica di altri. Così in Sovrimpressioni, Ginger e Fred, Federico Fellini e Giulietta Masini, Pippo e Amelia, Daria e Antonio (noi spettatori e loro) si scambiano di posto, sovrappongono maschere trasparenti, si scambiano di posto e di ricordi nel tentativo di ricomporre una storia che non trova compiutezza nel rimbalzo della memoria.
È l'accostarsi a quella dimensione che ci porta a chiedere a noi stessi il senso della nostra esistenze nel gioco delle possibilità che ci si sono presentate, all'avvicinarsi alla morte che interrompe il ciclo dell'accadere. È il teatro che cos'è? Certo non un palcoscenico. È questa una domanda che rinvia a una definizione metateatrale. Deflorian/Tagliarini fanno questo, metateatro perché l'evento teatro è accadere, manifestazione e luogo di relazioni, riflesso molteplice del mondo nel quale la vita si esplica nella molteplicità delle forme (del manifestarsi).
E non sto a dire della bravura dei protagonisti.


foto © Salvatore Laurenzana