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Sovvertire il sistema di produzione eterosessuale

Riflessioni sul "Comunismo queer" di Federico Zappino, protagonista dell'ultimo appuntamento della sezione "Vertigini. Seduti sull'orlo dell'abisso".

Federico Zappino, Comunismo queer (foto Salvatore Laurenzana)

Scritto da

Francesco Scaringi

Pubblicato il

22 settembre 2022

Il discorso di Zappino entra criticamente in dialettica con quel pensiero che, legato alla tradizione del marxismo, ritiene che con il solo superamento del conflitto di classe si possa realizzare una società comunista che diventa di per sé “automaticamente” inclusiva.

L’incontro con Federico Zappino sottende alcune motivazioni.
Una riguarda la presenza queer nel festival vuoi per alcuni spettacoli, vuoi per alcuni autori, vuoi per il manifestarsi di performer rispetto al loro lavoro e alla loro vita. Una seconda chiama in causa il corpo, che non può essere scisso dalla dimensione performativa, e il significato che assume rispetto all’ibridazione dei generi. Il terzo motivo riguarda l’avere intercettato una militanza lgbtq+ soprattutto tra giovani studenti, con cui il festival è entrato in contatto invitandoli a partecipare maggiormente. I tempi che viviamo non sono a favore di certe rivendicazioni e l’avanzare di alcuni mondi culturali e politici suscita preoccupazioni e per molti versi anche timori. La destra europea e mondiale si sta sempre di più caratterizzando producendo schemi culturali, propagandistici e legislativi in cui la questione “gender” è un elemento di coagulo rispetto a definizioni di politiche culturali, sociali e lavorative.

La figura di Federico Zappino coniuga due aspetti. Esercita una riflessione filosofica, che non è mai distaccata dalla pratica militante. Non è un filosofo accademico. Si pone pienamente dentro la discussione con voce autorevole ma, direi, la sua preoccupazione è la ricerca di un modo di pensare che possa trovare punti di unione per le pluralità di “discorsi” sussistenti nel mondo queer e delle minoranze.
Mi soffermo solo un attimo sul suo testo “Comunismo queer” (Meltemi 2019), da cui abbiamo ricavato il titolo per l’incontro. Un libro che ormai è stato scritto tre anni fa e nel frattempo è stato tradotto in altre lingue a dimostrazione dell’interesse e della sua capacità di suscitare riflessione e discussione, nonostante il tentativo di ostracismo perpetrato da ambienti sia del movimento, sia delle istituzioni e il dileggio proveniente dalle destre.
Zappino cerca di elaborare, non vorrei esagerare, una teoria “unificante” di quanto il pensiero queer ha prodotto in questi anni attraverso un punto di vista materialista che affondi l’analisi in quelle che sono le condizioni reali e materiali che generano forme di sfruttamento, dominio e instaurano gerarchie che trovano una ben loro collocazione entro il sistema capitalistico.
Il fine della riflessione contenuta nel libro è di introdurre un punto di vista anti capitalista, che non collima, pur se vi entra in profonda “dialettica”, con il “materialismo” a cui i grandi movimenti di pensiero della sinistra tradizionale e radicale si sono ispirati. Potrei dire con una formula: è la ricerca di un nuovo radicalismo, nel senso letterale, che cerca di andare alla “radice” delle forme di sfruttamento e dominio. Questo comporta da una parte, cioè dal punto di vista delle minoranze a farsi portatori di una specifica condizione, quale base preliminare, strutturale, di una condizione più generale. Detta in altro modo: significa individuare, riprendendo una terminologia marxiana, il sistema di produzione, la strutturazione di una dinamica sociale che determina dominio, sfruttamenti, gerarchizzazioni, inclusioni ed esclusioni. Tale sistema si esplica nella determinazione dei generi attraverso la produzione/differenzazione dei corpi. Esso è chiamato da Zappino “sistema di produzione eterosessuale”. Afferma Zappino: “eterosessualità è il modo di produzione delle risorse simboliche, materiali, soggettive e relazionali di cui il sistema capitalistico necessita per dispiegare il proprio dominio e per produrre e riprodurre diseguaglianze e ingiustizie sociali”.
Il discorso di Zappino entra criticamente in “dialettica” con quel pensiero che, legato alla tradizione del marxismo, ritiene che con il solo superamento del conflitto di classe si possa realizzare una società comunista che diventa di per sé “automaticamente” inclusiva. Rielaborando il punto di vista di alcuni filosofi (qui cito solo Monique Wittig e Judith Butler) Zappino cerca di dimostrare come il pensiero queer (o parte di esso, quello materialista) abbia incentrato la propria riflessione intorno al genere e al sesso come elementi ineliminabili per comprendere la strutturazione di sistemi di sfruttamento e dominio, i quali sono prima e ulteriore alla forma capitalista. Insomma, il superamento della società capitalista non può dirsi tale se non si abolisce la forma di produzione eterosessuale.


zappino comunismo queer sala salvatore laurenzana

Il discorso apre delle prospettive politiche molto interessanti rispetto a quella che deve essere l’azione di lotta e di rivendicazione delle minoranze.
Accenno solo a come la questione dei diritti, ormai unico elemento di riconoscimento di una certa sinistra, di matrice liberale (o liberista) non metta in discussione gli elementi strutturali del dominio sociale, anzi per molti versi li rassicura e li assicura ad àncore più salde. Il tentativo, intrapreso da Zappino, è  – detto in termini impropri – elaborare una “piattaforma comune”, o un luogo teorico-pratico di ricomposizione delle varie specificità delle varie minoranze per individuare e raggiungere obiettivi politici comuni, i quali siano realmente trasformativi della società attraverso quello che il filosofo chiama una pratica costituente. Il che non significa soffermarsi solo alla rivendicazioni dei diritti ma cercare di “abolire” il modo di produzione eterosessuale che conforma corpi, generi e sessi. Utopia concreta che ha come finalità costruire spazi di “unità” politica.
Il Comunismo queer di Zappino ha ricevuto critiche da più parti. Sia dal mondo marxista, sia da una parte del femminismo, in particolare il femminismo della differenza, che ancora oggi a partire dalla dualità sessuata (maschile-femminile) marca una sostanziale distanza dal mondo queer, che poggia sull'opposizione alla binarietà dei generi.


foto © Salvatore Laurenzana

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