Danza, musica, teatro conversazioni sulla città: lo spazio industriale palcoscenico della riflessione sull’oggi.
La seconda parte del festival alla Metaltecno
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«Abbiamo deciso di essere con quei corpi che segnano una presenza, prima e dopo la declamazione della parola. Abbiamo progettato l’alleanza tra essi in uno spazio pubblico che si fa comune, trasformativo e conflittuale. Per rivendicare diritti, socialità, cooperazione. Per ridisegnare le forme e i contenuti del vivere democratico»
La città vissuta, attraversata e cambiata è la protagonista degli appuntamenti che, attraverso prospettive diverse, declineranno il tema all’interno di una finestra speciale del Città delle 100 scale festival. Dal 16 al 25 settembre la rassegna di danza urbana e arti performative ideata da Basilicata 1799 si sposta temporaneamente negli spazi del capannone ex Metaltecno, nella zona industriale di Tito Scalo. Una scelta che si inserisce nell’indirizzo di ricerca fortemente voluto dalla direzione artistica, focalizzato sull’indagine dello spazio urbano e delle sue molteplici modalità abitative.
Lo spazio del capannone (situato in via dello Scalo Ferroviario, nella zona industriale di Tito Scalo, a pochi chilometri dalla città di Potenza), è stato ripensato e allestito per riassumere l’idea del cambiamento a cui il teatro e le arti in generale, come la nostra stessa quotidianità, sono stati sottoposti a causa della pandemia o di altre situazioni emergenziali.
Meno è il titolo dell’allestimento all’interno del capannone firmato da Osa paesaggio e Volumezero per l’edizione 2020 del Città delle 100 scale festival, che ha scelto senza come parola chiave. L’inaugurazione è prevista per mercoledì 16 settembre alle ore 18:30. Per diversi giorni il programma del Città delle 100 Scale festival proporrà gli interventi di performer internazionali – tra tutti, El Conde de Torrefiel con lo spettacolo Se respira en el jardin como en un bosque (dal 18 al 25 settembre, con tre repliche al giorno) – e appuntamenti quotidiani con la riflessione ad alta voce sul mutamento dell’epoca in cui viviamo, come il convegno Le case che saremo. Abitare la città del cambiamento, con Luca Molinari e Annalisa Metta, previsto il 17 settembre, e una serie di incontri progettati con l'Ordine degli architetti della provincia di Potenza. Roberto Latini, che porta al festival il Cantico dei Cantici il 19 settembre, e Giorgina Pi, in chiusura il 25 settembre con Tiresias, sono altri nomi di spicco.
Nel primo giorno di programmazione c'è ampio spazio per la danza contemporanea. Alle 20:30 appuntamento con Manbuhsa, performance firmata dal coreografo e danzatore Pablo Girolami, creata immaginando due ragazzini che giocano in una risaia. Alle 21:45 toccherà a Carlo Massari con A peso morto: una ricerca che comincia proprio in periferia e che lì vuole restare, al margine, per raccontare e dare l’ultimo fiato a corpi esanimi di eroi, re e divinità caduti in disgrazia.
Gli altri appuntamenti nello spazio in cui sono state concentrate una serie di attività per creare un ambiente di coinvolgimento totale e vivere così interconnessioni tra teatro, danza, arte, performance, fotografia, musica, installazioni sonore, nel gioco della presenza e dell’assenza e nella sicurezza covid, sono: la mostra S.P. 6x3 XL di Salvatore Laurenzana: un codice che racconta della nuova tappa del progetto fotografico Sôma Pneumatikón (S.P., “corpo spirituale”) condotto dal fotografo a partire dal 2017; le performance musicali Reflections. Live electronics, rispettivamente il 16, il 17 e il 24 settembre, a cura dell'associazione Musicland; i dj-set, le installazioni sonore, il segmento dedicato alla critica musicale curata da Lucio Corvino e Maurizio Inchingoli e denominata Trasversale; il diario parallelo di due amici, Francesco Scaringi e Massimo Lovisco, composto da messaggi, foto, musica che si sono scambiati nel corso del periodo “oscuro” e che intrappolano i momenti di una iper-reale situazione attraverso mutazioni “fisiche e mentali” in #MutazioniCovid19. Ancora: musica con il concerto dei Violet clouds e i suoni di Loveiscoil, altra danza con Kinkaleri, Salvo Lombardo, Davide Valrosso e Panzetti/Ticconi. E, infine, il diario collettivo Stare SENZA in cui sono raccolte le risposte dei cittadini di Potenza e di alcuni amici del festival ad alcune semplici domande su cosa è cambiato, sempre in termini di as-senza e pre-senza, nella fase critica della pandemia.
Nella composizione del panorama del festival si è ricercato il contatto con il pubblico nonostante la “distanza”, fuori dagli schemi del teatro, spazio altro e sicuro, di puro godimento e meraviglia, preferendo la performance, il gesto originario della ritualità teatrale, per “avvicinare” chi sopratutto non è pubblico. «Abbiamo deciso di essere con quei corpi che segnano una presenza, prima e dopo la declamazione della parola», sottolinea la direzione artistica del festival. «Abbiamo progettato l’alleanza tra essi in uno spazio pubblico che si fa comune, trasformativo e conflittuale. Per rivendicare diritti, socialità, cooperazione. Per ridisegnare le forme e i contenuti del vivere democratico».
foto © Salvatore Laurenzana