La performance di Kepler-452 è stata interamente pensata, scritta e composta durante il lockdown non solo con l’urgenza di capire, ma già con l’intento di non rinunciare a una riflessione individuale e collettiva.
Il primo giorno possibile

Scritto da
Francesco Scaringi
Pubblicato il
Quali sono le nostre paure e i nostri desideri? Cosa ci impegniamo a fare per il futuro di tutti se, effettivamente, pensiamo che le cose possano cambiare rispetto ai limiti con cui ci siamo misurati vivendo un’esperienza che segna i nostri destini e quelli dell’intera umanità? È davvero possibile un cambiamento?
Lapsus urbano, il primo giorno possibile, di e con Kepler-452 e Stagione Agorà, ha aperto mercoledì 2 settembre a Potenza, nel piazzale Adriatico, la nuova edizione del Città delle 100 scale festival, uno dei più interessanti del panorama nazionale come conferma anche il sold-out registrato. Per la direzione artistica lo spettacolo posto in apertura del festival ne rappresenta in qualche modo un manifesto perché coglie appieno la “parola d’ordine” di questa edizione, assenza/presenza. La performance è infatti costruita secondo la formula del teatro partecipato. Gli spettatori-performer indossano una cuffia che, grazie alla narrazione, alle musiche, attraverso ricordi e azioni, li trasforma in abitanti di un’isola utopica nel duplice senso di non-luogo e di ben-luogo. Sull’isola, compiendo una sorta di abreazione rispetto al vissuto durante il lockdown, sono interrogati sulla possibilità di costruire una nuova comunità dopo un'esperienza che ha messo in rilievo le fragilità esistenziali e politiche nel gioco della presenza e dell’assenza, dei bisogni e dei desideri.
La performance è stata interamente pensata, scritta e composta durante il lockdown come una sorta di presa diretta su quanto stava accadendo non solo con l’urgenza di capire, o farsene una ragione, ma già con l’intento di non rinunciare a una riflessione individuale e collettiva. Il testo, ben calibrato nella narrazione, presenta l’alternarsi di situazioni "di cronaca” – attraverso l’inserzione di voci, frasi, personaggi, protagonisti di quella fase, funzionali a riportare alla memoria quei momenti – ad azioni che ogni partecipante, guidato da un arbitro esemplare, deve compiere tramite movimenti, gesti, con la voce, per caratterizzare se stesso come individuo e membro di una comunità in una situazione traumatica che già si tenta di rimuovere.
Le musiche, tutte volutamente di compositori scomparsi (a cui si è aggiunto un breve richiamo dell'Estasi dell'oro di Morricone, morto appena dopo il lockdown, dalla colonna sonora de Il buono, il brutto, il cattivo) non solo contribuiscono a creare un'atmosfera evocativa ma si sviluppano come una linea parallela di sensazioni, memorie, richiami che come tessere di un unico mosaico costruiscono le figure che ogni partecipante trae dallo sfondo.
Lo spettacolo si rivolge al pubblico-comunità come una vera e propria indagine su chi e cosa siamo come singoli e società. Quali sono le nostre paure e i nostri desideri? Cosa ci impegniamo a fare per il futuro di tutti se, effettivamente, pensiamo che le cose possano cambiare rispetto ai limiti con cui ci siamo misurati vivendo un’esperienza che segna i nostri destini e quelli dell’intera umanità? E cioè, per rendere esplicita la domanda di fondo: è davvero possibile un cambiamento? L’interrogativo resta aperto, lo spettacolo non offre soluzioni e il pubblico-comunità manifesta, messo alle strette, tutte le contraddizioni e le proprie perplessità su quale grado di responsabilità assumere rispetto all'esistenza singola e collettiva.
Una parte dello spettacolo, la più commovente e perturbante, pone i partecipanti di fronte al dramma della morte, con verità e senza fronzoli. La morte che oggi pervade senza visibilità, privata dall’elaborazione del lutto comunitaria, ci mostra con inquietudine le nostre fragilità presenti e future, ci chiede quale senso vogliamo dare alla nostra vita, quale mondo vogliamo costruire e lasciare agli altri.
Il pubblico di Potenza ha apprezzato e reagito positivamente. Tanti si sono commossi nell’aver rivissuto i momenti drammatici del lockdown e hanno sottolineato come la performance abbia permesso loro di prendere maggiore coscienza di quanto accaduto e di quanto sta accadendo. Bello e interessante il luogo scelto per lo spettacolo: la piazza di uno dei quartieri più popolosi e importanti del capoluogo. Il festival sarà ancora presente con altre iniziative partecipate dagli abitanti del quartiere per segnalare e capire le potenzialità e le contraddizioni della città di Potenza, che sembra non ancora in grado di riconoscere se stessa e i suoi abitanti come protagonista del proprio futuro.
Il festival continua, ricco di tante sorprese. Ne siamo contenti.
foto © Salvatore Laurenzana