Molti modi esistono per raccontare la celebre fiaba dei Fratelli Grimm, ma indubbiamente quello scelto dal Teatro Del Carretto è uno dei più avvincenti, poetici ed esteticamente sorprendenti: un gioco scenico cruento quanto raffinato nella sua viva teatralità, sul quale domina incontrastata una delicata poesia delle immagini che, nella sua immediatezza, riesce a colpire, puntuale, la sensibilità dello spettatore (Maurizio Grande, Rinascita).
Una meravigliosa scatola teatrale – che sembra un normale teatro di marionette e che poi a poco a poco si apre come un armadio magico (facendo apparire teste, paesaggi, personaggi veri, oggetti misteriosi) rinnovando continuamente l’idea di palcoscenico – è al centro dell’adattamento di Biancaneve del Teatro del Carretto. Il sodalizio creativo nato nel 1983 dall’incontro tra la regista Maria Grazia Cipriani e lo scenografo Graziano Gregori è ormai una realtà del teatro di ricerca e di innovazione internazionale: il Teatro Del Carretto viaggia con il suo repertorio in tutta Europa ed oltre oceano, mostrandosi capace di superare barriere linguistiche e culturali.
Altro che fiaba. Il Teatro Del Carretto persegue puntigliosamente un’odissea nello spazio, una vera e propria drammaturgia di metamorfosi, intesa soprattutto in termini di volumetrie (Rodolfo Di Giammarco, La Repubblica).
Perché marionette microscopiche convivono con piccoli pupazzi di legno e prestazioni a tutto corpo di un’attrice vera. Perché in questo gioco di proporzioni dello spazio ci sono finestrelle, porticine, un grande pettine avvelenato che arriva come una mannaia, o grata di prigione, a occupare tutto il palcoscenico; una enorme mela, che sembra schiacciare Biancaneve, rotolando giù da un quadro di Magritte...E’ tutta una questione di calibri, di equilibri, di dosi.
…Lontana dal simbolismo didascalico, la regia ridefinisce le proporzioni di paura e gioia, stupore e meraviglia, seguendo la misura unica dell’emozione. Per l’adulto, soprattutto, è un viaggio a ritroso verso l’immaginario dei piccoli, dove l’enorme e l’infinitamente piccolo convivono fuor di logica, nella prospettiva anarchica dell’istinto, della sensazione, della vibrazione emotiva (Silvia Francia, La Stampa).
Ed è proprio da questo folgorante contrasto di universi, da questo rapporto continuamente inventato tra verità del legno e finzione del corpo che nasce la magia dello spettacolo.
Mai vista tanta grazia, tanta virtù tecnica, tanta poesia inventiva in un teatro giocattolo che dando fondo a raffinatezze adulte riesce (…) a trasformare tutto in meraviglia magica, d’una magia non infantile (Rodolfo Di Giammarco, La Repubblica).
Il tessuto narrativo si fa gioco scenico (…) rivelando sottilmente la sua natura di camera dell’inconscio... (Maria Grazia Cipriani, appunti di regia).