La vita di Hassane, un ragazzo di Beirut rimasto senza lavoro e senza prospettive, sembra scorrere nell’apatia. Le sue giornate monotone si svolgono in spiaggia insieme agli amici, mentre in casa sua madre e suo padre non fanno altro che ricordargli quanto miserabile e senza uno scopo sia la sua esistenza. L’apatia si spezza nel momento in cui Hassane decide di tuffarsi in mare da un cavalcavia e muore annegato. In seguito alla sua morte, la comunità di amici si stringe nel cordoglio attorno al corpo senza vita del ragazzo, ingaggiando insieme alla famiglia tutti i rituali del lutto dovuti a un martire. Tra l’arte visuale e la performance art, Martyr ci mostra l’inevitabile martirio della giovane popolazione libanese.
Il film è stato presentato in anteprima alla 74. Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. La proiezione fa parte di “Eterotopie / Libano”, progetto curato dal regista libanese Roy Dib per l’edizione 2018 di Sicilia Queer international new visions filmfest, con cui Città delle 100 scale festival è quest’anno in rete. Della stessa compagine fa parte la mostra “Lascia che ti guardi, lascia che ti tocchi” che sarà allestita a Potenza in Spazio K, e di cui il film diviene ideale introduzione. Il progetto approda a Potenza nell’ambito di una serie di osservazioni che Città delle 100 scale festival conduce lungo le sponde del Mediterraneo: film e mostra offrono uno sguardo denso e significativo su un mare che è frontiera culturale e identitaria per corpi inquieti sulle coste di Beirut.
Mazen Khaled è nato a Beirut, in Libano. Dopo essersi interessato di analisi delle politiche pubbliche e aver fatto ricerca si è occupato del mondo pubblicitario, scrivendo e dirigendo pubblicità per la televisione come parte del suo lavoro da direttore creativo. Ha studiato e lavorato a Beirut, Washington DC, Dubai e a Montréal. Il lavoro di Mazen tende a concentrarsi sul corpo, incorniciandolo con senso estetico ma anche racchiudendolo entro le cornici della spiritualità, della famiglia e della società, partendo dalla convinzione che quando dei corpi si uniscono lo fanno sfidando l’impossibile o esplorando la verità. Il risultato singolare è la costruzione di un’estetica unica, fugace e difficile da immortalare. Martyr è il suo primo lungometraggio dopo numerosi corti: Cadillac Blues (2002), Our Gentleman of the Wings (2010), My Queer Samsara (2010), A Very Dangerous Man (2012).